La Laika di Ascanio Celestini? Gesù e cieco ma vede i brufoli
- Scritto da Enrico Zoi

Insomma, secondo la narrazione lessicalmente orgiastica di questa parabola celestiniana, Gesù è cieco ma vede i brufoli. I brufoli di questa società attuale, aguzzina e schizzata, veloce e talora insipida, in cui le ideologie sono contenute nei gettoni dei carrelli dei centri commerciali e le religioni si confondono e si offendono, alla ricerca perduta (non del tutto, però) dell'essere umano e del 'valore uomo'.
Ma anche i brufoli assoluti dell'individuo, da sempre (fin dagli albori della preistoria e indipendentemente dalle varie contingenze di epoche e civiltà) travolto da passioni e interessi, da cattiverie e leggerezze, da debolezze e simpatie, da vittimismi e slanci più o meno sinceri e potenti.
Vede, scruta questo 'povero Cristo che non vien fuori più' (parafrasando la Madonnina dei dolori di Giorgio Gaber), allibito di fronte a un mondo in cui ostinatamente tutti (o quasi) 'vogliono viaggiare in prima' (e qui ringraziamo Ligabue), ma comunque proiettato ad analizzare, chiedere, imparare, giudicare, anzi interpretare, un Gesù curioso e loquace, al quale la cecità ha evidentemente sviluppato altri e nuovi sensi. Questo Cristo, pur racchiuso tra quattro mura e senza vista, non si è fermato a Eboli. Almeno così pare.
Il monologo di Celestini è un documentario vivente, un po' comizio (anche politico e sindacale), un po' preghiera laica. Ci si sente come all'interno della splendida e visitatissima abbazia cistercense di San Galgano, vicino a Siena, priva del tetto e in rovina da quattro/cinque secoli, immortalata in film famosi (da Nostalghia al Paziente inglese). Ci si sente, per restare in àmbito cinematografico, 'senza tetto né legge'. Se questo è l'obiettivo, è stato raggiunto.
Ma ci sono due 'però'. Uno negativo e uno positivo.
Il primo si riferisce alla dizione del buon Celestini. È vero che il teatro non è solo il regno della parola, che resta comunque quasi sempre in primo piano, ma, in un monologo, la corretta pronuncia dei vocaboli è fondamentale. Con l'artista romano non sempre è così. Per la verità, non solo con lui. Da questo punto di vista, molti dei pur bravi calcatori di scene nostrani dovrebbero guardare almeno a Dario Fo e Alessandro Benvenuti. Non imparare, guardare.
Il secondo 'però' si riferisce al contenuto dello spettacolo ed è una domanda: nel testo di Celestini e nel suo contesto, è previsto il miracolo? Andate a vederlo, noi non facciamo spoiler.
Per la cronaca, Laika, oltre al gioco di parole con l'aggettivo italiano con la lettera 'c' al posto della kappa, è la cagnolina (vero nome Kudrjavka, 'Ricciolina') lanciata nello spazio dai Sovietici il 3 novembre 1957, a bordo dello Sputnik 2: una canina di strada, forte, una di quelle che abbaiano.
15 e 16 gennaio 2016, ore 21
Teatro Puccini, piazza Puccini
FIRENZE
Laika
di Ascanio Celestini.
E con Gianluca Casadei alla fisarmonica.
Voce fuori campo di Alba Rohrwacher.
Una produzione Fabbrica srl in co-produzione con RomaEuropa Festival 2015.
Teatro Puccini, piazza Puccini
FIRENZE
Laika
di Ascanio Celestini.
E con Gianluca Casadei alla fisarmonica.
Voce fuori campo di Alba Rohrwacher.
Una produzione Fabbrica srl in co-produzione con RomaEuropa Festival 2015.